Storia della moda italiana (3) - T-shirt e blue jeans, la nuova moda casual

Nel 1965 si cominciano a sviluppare nuovi movimenti: nascono i beatnik, le ragazze ye-ye e gli hippie. Si guarda sempre più alla nuova moda statunitense che voleva essere interclassista e antigerarchica, non rigida e formale ma alla portata di tutti. Arrivano quindi le t-shirt e i blue-jeans. Soffermiamoci un attimo su quest’ultimo capo di abbigliamento: creato nel 1853 a San Francisco da Lévi Strauss, in realtà è più italiano di quanto sembri. Nelle iconografie di Giuseppe Garibaldi si può notare l’eroe dei due mondi, assieme ai Mille, a Marsala nel 1860 indossare, insieme a una camicia rossa, proprio un blue-jeans. Ma la vera italianità del jeans sta nell’etimologia del termine:la parola “jeans”, infatti, deriva da Genova e indica una spessa tela di colore blu utilizzata per la produzione nella città ligure di pantaloni per i marinai e indossati a bordo delle navi.

Dalla fine degli anni Sessanta si sviluppano nuovi tessuti sintetici e cominciano ad andare di moda, oltre ai jeans e alle t-shirt, anche giacconi e capi sportivi, ma si sviluppa anche la produzione di intimo e della maglieria. “La nuova moda italiana era certamente meno prestigiosa di quella parigina ma aveva alcuni tratti interessanti, come la forte presenza di capi in maglia e l’attenzione allo sport e alla funzionalità”, scrive Emanuela Scarpellini nel suo libro “La stoffa dell’Italia. Storia e cultura della moda dal 1945 a oggi” (Laterza, Roma-Bari, 2017). Che si tratti di alta moda o di abbigliamento casual, comincia a essere sottolineata l’italianità del prodotto. (3- continua) – Danilo Ruffo

(Una versione di questo testo è stato scritto nel 2018 e mai pubblicato.)