Da Pechino a Dubai, da New York a Tokyo, da Parigi a Rio de Janeiro: non c’è una grande città nel mondo che non esponga vetrine con abiti Made in Italy. I marchi italiani di moda oggi primeggiano in tutto il mondo perché sanno portare – e rappresentare – all’estero valori tipicamente italiani: l’eleganza, la classe, la qualità.
Giorgio Armani ha detto: “l’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare”. E se c’è una moda che forse, più delle altre, sa farsi ricordare e che rappresenta il lusso e l’eleganza, questa è quella italiana. Quella stessa moda così tanto apprezzata in tutto il mondo per i suoi marchi, i suoi atelier e soprattutto per i suoi abiti eleganti, di qualità e di lusso presenti in ogni angolo del pianeta.
Come e perché è nata la moda italiana ce lo dice la storia: un vestito è prima di tutto un prodotto di consumo. Ed è negli anni del boom economico che si registra un aumento dei consumi anche nel settore della moda. “Dopo le ristrettezze della guerra, ci si è potuti finalmente comprare vestiti e scarpe nuovi, nello stesso momento in cui si firmavano le cambiali per acquistare la televisione, il frigorifero e magari la prima macchina. Ora che il vestito di qualità e di fattura classica era entrato nel guardaroba, proprio come richiedevano le regole della buona società. la vita era davvero cambiata”, scrive Emanuela Scarpellini nel suo “La stoffa dell’Italia. Storia e cultura della moda dal 1945 a oggi” (Laterza, Roma-Bari, 2017). Nel contempo, con l’aumentare della domanda, in Italia si sviluppano a macchia di leopardo industrie tessili di tutti i tipi, con fabbriche dotate di macchinari all’avanguardia per la produzione delle stoffe.
Non solo si sviluppa l’industria chimica che provvede al fissaggio dei colori dei tessuti, ma anche aziende per la produzione della lana (in Veneto, Piemonte e Toscana) e cotonifici (principalmente in Lombardia, ma anche in Piemonte, Toscana, Veneto, Emilia Romagna, Campania). Negozi di abbigliamento aprono in tutto il territorio nazionale così come anche l’industria delle confezioni. Questa, pur esistendo già in forma limitata, si sviluppa in particolar modo tra il 1958 e il 1963: prima del boom economico, infatti, erano soprattutto i sarti a creare e confezionare per i clienti gli abiti.
In quegli anni, mentre i sarti guardavano a Londra (per la moda maschile) e a Parigi (per la moda da donna), gli industriali guardavano agli Stati Uniti, dove nella Seventh Avenue di New York, si era sviluppato un abbigliamento “ready to wear”, pronto a essere indossato. Nascono così in Italia aziende come il Gruppo Finanziario Tessile (Gft), Miroglio, Marzotto, Max Mara, Luisa Spagnoli, solo per citarne alcune. Negli anni Cinquanta, quindi, “l’abbigliamento pronto diventa sempre più una realtà diffusa”: secondo la Scarpellini “i vestiti non sono più pensati come “beni durevoli”, da riciclare, rattoppare, usare fino alla morte, ma oggetti di consumo da cambiare con frequenza e acquistare in quantità prima impensabili”. Negli anni Cinquanta e Sessanta si guarda, insomma, a un consumo di massa dell’abbigliamento. (2- continua) – Danilo Ruffo
(Una versione di questo testo è stato scritto nel 2018 e mai pubblicato.)
Storia della moda italiana:
Storia della moda italiana (1) – La moda è il nostro modo di vivere
Storia della moda italiana (2) – Perché è nata la moda italiana
Storia della moda italiana (3) – T-shirt e blue jeans, la nuova moda casual
Storia della moda italiana (4) – Da Roma a Milano, la capitale italiana della moda
Storia della moda italiana (5) – I nuovi scenari della moda italiana