Chi ama la letteratura di viaggio – quella vera, profonda, che va oltre la descrizione dei luoghi per raccontare la storia, l’anima e le contraddizioni di un Paese – non può non imbattersi nell’opera di Ryszard Kapuściński. Giornalista e scrittore polacco, Kapuściński è stato uno dei più grandi maestri del reportage contemporaneo, capace di fondere l’acutezza dell’osservazione con una scrittura limpida, intensa e ricca di sfumature. I suoi libri sono veri classici, e rappresentano un patrimonio indispensabile per chi vuole comprendere il mondo e le sue trasformazioni attraverso la lente dell’esperienza diretta.
Nato nel 1932 in una regione orientale della Polonia poi annessa alla Bielorussia, Kapuściński ha attraversato da testimone privilegiato alcuni dei momenti più drammatici del Novecento: guerre civili, colpi di Stato, rivoluzioni, il crollo degli imperi e la lotta dei popoli per l’indipendenza. Nei primi anni Sessanta, inviato come corrispondente estero per l’agenzia di stampa polacca PAP, ha viaggiato in decine di Paesi in via di sviluppo in Africa, Asia e America Latina, raccontando il mondo in fermento con uno sguardo lucido e umano, mai compiaciuto, sempre empatico.

Nei suoi reportage – da La prima guerra del football e altre guerre di poveri (1978) al capolavoro Ebano (1998), da Shah-in-shah (1982) a Imperium (1993), fino al meraviglioso In viaggio con Erodoto (2004) – Kapuściński non è mai un semplice spettatore. Entra dentro le vicende, si immerge nelle culture, vive con le persone. Nei suoi scritti non c’è traccia di esotismo gratuito o voyeurismo. C’è invece una costante tensione etica e intellettuale, una sete di capire e far capire, una scrittura che riesce a rendere leggibili anche le situazioni più complesse, senza mai rinunciare alla bellezza della parola.
Leggere Kapuściński oggi è più che mai necessario. Perché ci ricorda cosa dovrebbe essere il giornalismo: non solo cronaca, ma ricerca di senso, testimonianza, immersione nel reale, con un occhio mai di parte. E perché ci offre strumenti per leggere il presente – con le sue nuove guerre, le sue crisi, le sue speranze – attraverso lo sguardo lungo della storia. La sua prosa è un esempio raro di equilibrio tra rigore e bellezza. Scriveva con semplicità, ma con densità; con passione, ma senza mai perdere il controllo. I suoi testi non sono mai freddi resoconti: sono racconti animati da voci, volti, storie. La sua scrittura ha il potere di avvicinare ciò che sembra lontano, di rendere comprensibile ciò che appare estraneo.
In Italia, Feltrinelli ha pubblicato quasi tutta la sua opera, compresi testi inizialmente poco noti come Cristo con il fucile in spalla – reportage sui movimenti rivoluzionari tra gli anni Sessanta e Settanta – e Se tutta l’Africa (2012), che raccoglie testimonianze preziose sul continente africano, tratte da articoli scritti tra il 1962 e il 1966. Ogni suo libro è un invito a guardare oltre i confini, a confrontarsi con l’alterità, a farsi domande scomode.
I suoi libri – ancora oggi attuali – non sono “racconti di viaggio” nel senso banale del termine. Sono affreschi politici, umani, culturali. In Ebano, ad esempio, racconta l’Africa con un rispetto profondo, smontando pregiudizi e stereotipi, e mostrando l’umanità dolente e fiera di un continente troppo spesso raccontato solo nei suoi drammi. In Shah-in-shah ci porta al cuore della rivoluzione iraniana, mentre in Imperium narra, con uno sguardo insieme analitico e poetico, il tracollo dell’Unione Sovietica e le rovine dell’ideologia. In viaggio con Erodoto è anche una sorta di testamento spirituale. Un libro straordinario in cui il racconto di esperienze personali si intreccia con la riflessione sul mestiere del reporter e con il confronto ideale con il padre della storiografia. Erodoto, infatti, è per Kapuściński il modello di un modo di conoscere il mondo basato sull’osservazione, sull’ascolto, sulla curiosità e sul rispetto per le culture diverse.
Kapuściński è scomparso nel 2007, ma i suoi libri continuano a vivere e a parlare. Per chi scrive, per chi viaggia, per chi vuole capire. Sono letture fondamentali per chi crede che raccontare il mondo sia un atto di responsabilità e insieme di amore. Sono un invito a rallentare, ad approfondire, a guardare le cose in modo meno superficiale. Per questo, leggere Ryszard Kapuściński oggi è un atto di resistenza contro l’appiattimento e la fretta, contro l’informazione “usa e getta”. È un’esperienza che arricchisce, che apre la mente, che nutre l’intelligenza e il cuore. I suoi reportage meritano un posto d’onore nella biblioteca di chi ama viaggiare con la mente, con la penna e con lo sguardo. Se non avete mai letto Shah-in-shah, Ebano o Imperium, fatelo. Non sono solo libri: sono bussole per orientarsi in un mondo che cambia, sono finestre spalancate sulla storia. E ci ricordano che, anche nei luoghi più lontani, c’è sempre una storia che vale la pena ascoltare e raccontare.