Oltre alla bellezza del suo mare, al meraviglioso panorama e alle architetture dei suoi piccoli centri, forse una delle cose più caratteristiche della Costiera Amalfitana è senza dubbio il suo limone. Tipico di questa zona della regione Campania tra le belle del nostro Paese, il limone Costa d’Amalfi (limon amalphitanus) si differenzia dalle altre varietà di agrumi non solo per la sua forma affusolata (è infatti chiamato “sfusato amalfitano”) e dalla sua grandezza (il suo peso è di almeno cento grammi), ma anche per essere dotato di caratteristiche uniche. L'”oro giallo della Costiera” – così viene chiamato – ha un profumo intenso. La sua buccia giallo chiaro ha uno spessore medio e contiene terpeni e oli essenziali. Al suo interno c’è una scarsa quantità di semi e la polpa produce un abbondante succo non eccessivamente acido che fa bene alla salute: contiene infatti molta vitamina C, ha un potere antiossidante, previene le patologie tumorali e contrasta l’accumulo di colesterolo. Viene coltivato in particolari terrazzamenti, tipici della Costiera, in cui sono presenti pergolati di pali di castagno, dove i limoni possono crescere e maturare in un clima mite, sotto al sole e allo stesso tempo lontani dall’umidità del terreno. La sua produzione è però limitata: circa ottomila tonnellate all’anno. Questo è dovuto non solo alla sua tecnica di coltivazione che prevede che le piante siano abbastanza distanti l’una dall’altra, ma anche alla capacità limitata del territorio e dei terrazzamenti, che in tutta la costiera amalfitana coprono in tutto una superficie di soli quattrocento ettari. Infatti questo limone è coltivato soltanto nei comuni di Amalfi, Atrani, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Minori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti e Vietri sul Mare.
I limoni furono portati dagli Arabi in Spagna, in Sicilia e in Campania. La loro coltivazione cominciò a diffondersi maggiormente solo nell’XI secolo, quando Amalfi, una delle quattro Repubbliche Marinare, obbligò le navi a rifornirsi di questi limoni per combattere lo scorbuto, malattia che a quel tempo colpiva molti marinai, dovuta alla carenza di vitamina C (sostanza di cui, invece, lo sfusato amalfitano è molto ricco). La diffusione dello scorbuto comportò il grande successo di questi agrumi che, come scrisse lo storico Matteo Camera nell’XIX secolo, “venivano trasportati via mare verso altri mercati italiani, assieme a limoncelli e a cetragnoli (arance amare, ndr)”. I limoni della Costiera amalfitana oltrepassarono i confini della Penisola: vennero così esportati anche all’estero, in Europa – di scorbuto si soffriva soprattutto nei Paesi nordici – e in tutto il mondo.
In cucina lo sfusato amalfitano è utilizzato in molti modi, non solo per condire piatti di pesce e di carne o un’insalata. Viene oggi anche unito a dolci come torte, cioccolatini, profitteroles, le delizie al limone e il babà. Forse però l’uso più celebre del limone Costa d’Amalfi è la produzione del limoncello, liquore che nacque agli inizi del Novecento proprio in Campania: non è ben chiaro, però, se sia nato ad Amalfi, oppure a Capri o ancora a Sorrento. Oggi l'”oro giallo della Costiera” si fregia del titolo di Indicazione Geografica Protetta (I.G.P) ed è tutelato dal Consorzio di Tutela Limone I.G.P. Costa d’Amalfi. Un agrume che viene coltivato solo qui, nella Costa d’Amalfi, un territorio meraviglioso e unico tanto che fu dichiarato nel 1997 dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità con questa motivazione: “un esempio eccezionale di paesaggio mediterraneo, con eccezionali valori culturali e naturali che derivano dalla sua difficile topografia e dal processo storico di adattamento compatibile operato dalla comunità, esempio brillante di uso intelligente delle risorse”. Un paesaggio mediterraneo eccezionale, quindi, con una topografia difficile: ma proprio grazie a questo la Costiera possiede le condizioni climatiche e geografiche perfette per la coltivazione di un limone unico al mondo, che fa bene alla salute, è bello da vedere ed è – soprattutto – un ottimo ingrediente in cucina. – Danilo Ruffo