Lisa Tuttle, nel suo saggio intitolato “Writing Together“, approfondisce la genesi e lo sviluppo della sua collaborazione con George R.R. Martin, concentrandosi in particolare su come è nata e si è evoluta l’opera che sarebbe poi diventata “Windhaven“
La scrittura è spesso descritta come un’attività solitaria. Eppure, esiste un’incessante spinta alla condivisione che porta a collaborazioni, mondi condivisi e antologie tematiche. Questa inclinazione alla collaborazione sembra particolarmente accentuata tra gli scrittori di fantasy e fantascienza, forse perché hanno da tempo l’abitudine di incontrarsi in convention, conferenze e workshop di scrittura.
Lisa Tuttle, nel suo saggio intitolato “Writing Together“, evoca l’immagine di Mary e Percy Shelley, Lord Byron, Clare Claremont e Dr. Polidori che nel 1816 si sfidavano a scrivere storie dell’orrore in una villa italiana, dando vita a capolavori come Frankenstein. Questa tradizione di creatività condivisa trova un’eco moderna nella vibrante scena texana del 1973, dove amici scrittori, alcuni “neo-professionisti” come la stessa Tuttle, si incontravano per workshop e “Neo-Pro Rodeo”, dando vita a numerose collaborazioni. L’idea era semplice: mettere due o più scrittori in una stanza con una macchina da scrivere, e uno avrebbe iniziato una storia sfidando l’altro a finirla, oppure le idee sarebbero emerse in conversazioni, e invece di litigare su chi avesse il diritto di proprietà, avrebbero accettato di condividerle.
È in questo contesto di fermento collaborativo che, nel 1973, Lisa Tuttle strinse amicizia con George R.R. Martin. Non fu sorprendente, dato l’ambiente, che nel giro di poche settimane dal loro primo incontro, George le proposesse di scrivere una storia insieme. Per Tuttle, l’attrattiva risiedeva nella prospettiva di scrivere un tipo di storia diverso e di entrare in un nuovo mercato, in particolare la rivista Analog, dove George aveva già dimostrato di poter vendere, cosa che Tuttle non aveva mai fatto con un genere simile a una “storia di Analog”.
Dato che George viveva a Chicago e Lisa a Syracuse, N.Y., e successivamente a Houston e Los Angeles, la loro collaborazione si sviluppò attraverso un intenso scambio epistolare, che permette di tracciare la genesi di quello che sarebbe diventato Windhaven.
George diede il via al processo offrendo un paio di “germi di idee” dai suoi archivi, senza personaggi, trama o scene, solo l’inizio di qualcosa che pensava potesse essere sviluppato in una storia di fantascienza. L’idea che Tuttle preferì di più riguardava un pianeta oceanico con piccole isole sparse, dove una nave spaziale con immense ali di metallo si schianta. I sopravvissuti, divenuti primitivi a causa della mancanza di metallo per la tecnologia, riutilizzano il tessuto-metallo incredibilmente resistente e leggero della vela della nave per creare ali monoposto simili a deltaplani. Questi volatori, figure affascinanti e pericolose che viaggiano tra le isole su forti correnti di vento tempestose, ereditano le ali come cimeli di famiglia. L’idea includeva anche un possibile conflitto di primogenitura riguardo a chi avrebbe ereditato le ali, suggerendo il titolo “On the Wings of Storm”.
La risposta di Lisa Tuttle fu entusiasta e immediatamente creativa. Sviluppò l’idea del conflitto di primogenitura: le ali sarebbero andate al figlio maschio primogenito, a meno che non fosse assolutamente inadatto a volare. Immaginò una famiglia con una sola figlia femmina, i cui genitori anziani non avrebbero probabilmente avuto un figlio maschio. La ragazza, di circa 11 anni, viene addestrata a volare, e la cosa è fantastica. Poi, la madre dà alla luce un figlio maschio che sopravvive, morendo però durante il parto. La ragazza assume il ruolo materno ma continua a imparare a volare, poiché non si aspettano che il bambino sopravviva. Ma il bambino cresce sano, e arriverà il giorno in cui dovrà imparare a volare. La ragazza, che nel frattempo è diventata l’insegnante e ha cominciato a considerare le ali come sue, si troverà a doverle cedere al fratello, vedendo la sua intera vita volgere al termine. La conclusione, in quel momento, appariva tutt’altro che luminosa.
Tuttle espresse anche dubbi sull’idea che le donne non potessero volare, suggerendo che in quella società uomini e donne fossero per lo più uguali, dato il loro stile di vita di agricoltori di sussistenza e cacciatori-raccoglitori. La restrizione al volo sarebbe dovuta a leggi di eredità e alla mistica del volo che manteneva i volatori come un gruppo esclusivo, iniziando solo i loro eredi al privilegio. Per la protagonista, questo significava perdere anche i suoi amici più stretti, oltre alle ali.
La reazione di George fu altrettanto entusiasta, e le idee di Tuttle gliene scatenarono altre. Martin suggerì che fosse necessaria una ragione culturale per cui le ali non potessero essere condivise, per evitare che i lettori si chiedessero “perché non si danno il cambio?”. Ampliò l’idea della cultura del pianeta, suggerendo che esistessero anche barche per la comunicazione tra le isole, rendendo i volatori ancora più affascinanti e veloci, specialmente in mari pericolosi e durante tempeste violente che i volatori abili potevano sfruttare. Propose anche l’idea di una “casa-rifugio” per i volatori su un’isola rocciosa raggiungibile solo via aria, un punto di trasferimento per merci e messaggi, e un luogo di riposo, che sarebbe diventato un simbolo della società dei volatori da cui l’eroina sarebbe stata esclusa senza le ali.
Riguardo ai finali, Martin propose diverse opzioni, nessuna delle quali lo soddisfaceva completamente inizialmente. Tra le sue idee c’erano la rinuncia della ragazza alle ali, la fuga verso un’altra isola, il volo verso la morte, il danneggiamento delle ali, il figlio che non vuole volare, l’omicidio del fratello, la costruzione di un altro paio di ali, o persino l’uccisione di un secondo volatore per ottenerne un paio. I suoi preferiti erano i numeri 2 (volare via), 3 (volare verso la morte) e 5 (il figlio non vuole essere un volatore).
Tuttle rispose con un’idea che l’appassionava molto: il finale numero 5, dove il ragazzo non vuole affatto essere un volatore, ma desidera essere un narratore o un cantante, e ha effettivamente paura di volare. In questa versione, la ragazza, che non può concepire la paura del volo, scopre i sentimenti del fratello, e insieme elaborano un piano per andare in un’altra isola dove lei possa volare e lui possa perseguire la sua vocazione senza vergogna. Tuttle decise di iniziare a scrivere il racconto, inviando le prime dieci pagine a George con un messaggio scherzoso: “Ora è il tuo turno. Prendila da qui, e naturalmente sentiti libero di apportare qualsiasi modifica ti piaccia alla parte esistente (e se non mi piacciono ti strapperò le viscere con i miei denti)”.
Una modifica significativa introdotta da Tuttle fu la decisione di non rendere la legge sull’eredità legata al figlio primogenito maschile. Come spiegò in una nota, considerava questa una concezione “troppo da Vecchia Terra” e voleva evitare la discriminazione sessuale, ispirata anche dalle convinzioni femministe di Vonda McIntyre, che ammirava. Tuttle riteneva che se gli scrittori di fantascienza non riuscissero a presentare una società plausibile, sessualmente egualitaria, ci sarebbe stata poca speranza di cambiare il mondo reale.
In quel momento, entrambi gli autori pensavano alla storia come a un racconto breve (probabilmente meno di 6.000 parole), non come una novella e certamente non come l’inizio di un romanzo. Questo spiega la preoccupazione di Tuttle di aver incluso personaggi “superflui” come Tor, che avrebbero ingombrato una storia breve ma che, in opere più lunghe, avrebbero aggiunto ricchezza.
La risposta di George al manoscritto di Tuttle fu entusiasta: “Oh, wow. Sì. Dovresti essere felice. Lo adoro. Sarà una storia infernale…”. Era rinvigorente leggere la scrittura di Tuttle, che gli sembrava “tremendamente fresca, forte e vivida, senza le mie tipiche stranezze stilistiche che l’avrebbero punteggiata se l’avessi fatta io”.
Martin si concentrò sui dettagli, come i nomi degli animali, suggerendo che dovessero essere autoesplicativi nel contesto, come “windwolves” o “scyllas”. Espresse una forte avversione per il nome “Flan” per un personaggio, associandolo a “Spam”. Propose di espandere la scena di volo iniziale di Maris per circa due pagine, con più descrizioni del mare e del cielo, ritenendo che il concetto fosse abbastanza eccitante da fungere da “narrative hook”. Martin suggerì anche l’inclusione di una scena di canto con due ballate, una epica tradizionale sulla caduta della nave e la creazione delle prime ali (per fornire il background culturale) e un’altra, una canzone composta da Coll sull’amore per il volo, che Maris avrebbe frainteso. George, ammettendo di essere “terribile in poesia”, sperava che Lisa potesse occuparsene.
Martin si propose anche di aggiungere dettagli sulla costruzione delle ali e la loro apertura alare, ipotizzando una bassa gravità sul pianeta per giustificare la loro dimensione. La loro intenzione era di incontrarsi a Los Angeles per completare la bozza finale. Lisa fu “DELIZIATA” dall’entusiasmo di George e acconsentì al cambio di nome di Flan in Dorrel. Riconobbe la sua riluttanza a scrivere descrizioni estese e lasciò quella parte a Martin, prevedendo che l’avrebbe suggerita.
A Los Angeles, scrissero e discussero ulteriormente la storia, pur non riuscendo a finirla. Tuttavia, si accordarono sul finale e iniziarono a considerare l’idea di scrivere altre storie ambientate nello stesso mondo, con l’obiettivo di creare un “fix-up novel”. Tuttle fece ricerche sul volo in deltaplano e propose un’idea per una seconda storia che avrebbe visto un ex-volatore senza ali costruire un aliante di legno. Si chiese anche quale fosse il nome del loro pianeta, che alla fine fu battezzato Windhaven.
Una volta completata la bozza, George la presentò a un gruppo di scrittori a Turkey City, dove tutti la adorarono. Forte di questo, Lisa la mostrò a Ben Bova, l’editore di Analog, sperando in un acquisto immediato. Bova, tuttavia, non la acquistò. Sebbene amasse l’inizio e il mondo creato, criticò la storia per essere “troppo parlata” e il finale “troppo debole per essere soddisfacente”. La sua critica principale fu che Maris vinceva troppo facilmente, senza un vero conflitto: “Maris vuole le ali e Coll vuole dargliele, e, a quanto pare, a nessuno importa davvero. Ma nessuna tradizione degna di questo nome crollerebbe così facilmente”. Bova suggerì di rendere la vita molto più difficile all’eroina e di ripensare la trama.
George e Lisa, pur risentendo un po’ di doverla riscrivere, riconobbero la fondatezza delle obiezioni di Ben Bova. Decisero di intensificare l’opposizione al fatto che Maris, non nata in una famiglia di volatori, potesse tenere le ali, mostrando che doveva davvero lottare per ottenerle, e poi darle un argomento potente per vincere. Lisa riscrisse una nuova scena finale e la inviò a George.
La risposta di George fu lunga e dettagliata, e in essa egli rigettò la riscrittura di Lisa, pur riconoscendone la buona qualità. Rilevò problemi strutturali nella nuova versione, notando che personaggi inizialmente dominanti come Garth e Dorrel non avevano più un ruolo significativo, e un nuovo personaggio chiave, Barrion, veniva introdotto troppo tardi in una storia di 30 pagine. Temeva che la “confrontazione drammatica” sarebbe stata troppo basata sul dialogo. Martin era anche preoccupato di dover eliminare elementi che amava, come la canzone di Woodwings e il flashback su Raven, che riteneva fossero stati il motivo per cui la storia era piaciuta così tanto a Turkey City. Egli li considerava troppo belli per essere eliminati, ma non voleva nemmeno lasciarli se non servivano a una funzione drammatica.
Per superare la depressione che le sue critiche avrebbero potuto causare, George propose una soluzione “eccitante”: non riscrivere gran parte di ciò che avevano già, ma allungare considerevolmente la storia, trasformandola in una novella di 18-20.000 parole. Questo avrebbe permesso di mantenere quasi tutto il materiale esistente, che era considerato “prime stuff”, e di affrontare le obiezioni di Bova ampliando il conflitto. Martin propose di mantenere le prime 20 pagine quasi intatte, poi riprendere la conversazione tra Coll e Maris, rivelando chiaramente al lettore che entrambi desiderano che Maris voli e Coll canti, ma sono intrappolati dalla tradizione. L’espansione sarebbe iniziata dal punto in cui Maris scappa nella versione originale.
Invece di Coll che rifiuta le ali, egli le avrebbe prese “doverosamente, anche se senza gioia”. Durante il suo primo volo, Coll avrebbe avuto un atterraggio maldestro, rompendo un’ala, e in un momento di terrore, avrebbe confessato di non volere le ali. A quel punto, Maris sarebbe intervenuta, pronunciando un discorso sulla necessità di cambiare il sistema di assegnazione delle ali e sull’importanza di dare il diritto di volare a persone come Woodwings, non a chi è inadatto. Coll, incoraggiato dalla sua posizione, le avrebbe consegnato le ali, rinunciandovi e sfidando suo padre. Martin coniò questo approccio come la “Legge di Conservazione della Prosa ed Evitamento della Riscrittura”.
Questa strategia avrebbe reso la storia incredibilmente “stretta”, con tutti i “bei canti” che sarebbero diventati importanti, e personaggi come Garth, Dorrel e Barrion che avrebbero fatto avanzare la trama sostanzialmente, con Maris che rimaneva l’eroina e risolveva il problema. Il risultato sarebbe stato “una storia migliore, più lunga”.
Per il titolo, George suggerì “The Winds of Change”, che Lisa approvò. Ma quando Ben Bova alla fine acquistò la storia per Analog, la rinominò “The Storms of Windhaven”, un titolo che entrambi gli autori dovettero ammettere fosse migliore. Bova trovò anche la citazione perfetta come epigrafe:
“Perché una volta che avrai assaggiato il volo, camminerai sulla terra con gli occhi rivolti al cielo; perché lì sei stato, e lì desideri tornare”. — Leonardo Da Vinci
Lisa Tuttle conclude il suo saggio notando che questa citazione, pur riferendosi al volo, si applica altrettanto bene alla scrittura di narrativa. La genesi di Windhaven, come rivelato da queste lettere, è una testimonianza affascinante di come le idee germogliano, vengono modellate, criticate e poi riscritte attraverso il dialogo continuo, la fiducia reciproca e una passione condivisa per la narrazione, trasformando un concetto iniziale in un’opera complessa e duratura della fantascienza.