L’industria di conserve alimentari e di trasformazione del pomodoro in Italia

In Italia operano oltre 120 imprese per la trasformazione del pomodoro, di queste 80 sono localizzate al Centro – Sud e le restanti al Nord.

Questi due blocchi sono caratterizzati da dimensioni medio – piccole al Centro – Sud e medio – grandi al Nord.

Il settore offre occupazione a circa 30.000 persone di cui 10.000 fissi con un fatturato che si attesta sui 3 miliardi di euro di cui il 40% è riferibile al mercato interno e il 60% è destinato all’esportazione.

Circa il 70% delle esportazioni ha come destinazione l’Europa (soprattutto Germania, Regno Unito e Francia), il resto è diretto principalmente in Africa, Asia e U.S.A.

La superficie agricola impegnata per la coltivazione del pomodoro da industria è di circa 70.000 ettari per una produzione che sfiora i 5 milioni di tonnellate di prodotto fresco e colloca l’Italia al terzo posto nel mondo dopo Stati Uniti e Cina e davanti a Spagna, Iran e Turchia.

Le regioni italiane che prevalgono per superficie destinata alla produzione di pomodoro risultano l’Emilia Romagna con il 47% del totale e la Puglia con il 24%.

In termini di quantità prodotte la provincia di Foggia rappresenta circa un terzo del prodotto nazionale seguita dalla provincia di Piacenza con poco più del 15% e dalla provincia di Ferrara con il 9,3%.

L’Italia è al terzo posto nel mondo anche per la trasformazione industriale del pomodoro dopo Stati Uniti (principalmente California) e Cina e rappresenta il 12% dei circa 40 milioni di tonnellate di produzione complessiva mondiale e il 50% dei 9,8 milioni di tonnellate della produzione europea ( dato 2014).

La trasformazione industriale avviene sostanzialmente al 50% al Centro – Sud e in pari misura al Nord.

Le regioni in cui si concentrano le attività di trasformazione industriale sono la Campania  e l’Emilia Romagna con una differenziazione di fondo nelle tipologie di prodotto che vede la Campania prevalere per la produzione di pomodori pelati, coprendo quote elevatissime (anche oltre il 90%) della produzione nazionale, mentre in Emilia Romagna viene prodotto circa il 50% del concentrato italiano.

All’interno di questo scenario l’Agro nocerino – sarnese rappresenta con le sue 55 aziende di trasformazione, 1,5 miliardi di fatturato e oltre il 70% del prodotto destinato all’esportazione rappresenta una parte fondamentale del settore in Italia ma per questo risulta anche fortemente esposto alle dinamiche sviluppatesi  negli ultimi anni e alle criticità di sempre.

Il settore al Sud sconta significative diseconomie rispetto alla meccanizzazione della raccolta e alla dimensione media degli impianti, che lo vedono in posizione nettamente arretrata rispetto al Nord.

A questo si aggiungono le difficoltà di una seria programmazione di filiera per il “non ruolo” che le Associazioni dei Produttori (39 per 30.000 ettari al Sud contro le 14 per 40.000 ettari al Nord) rivestono sul territorio meridionale e che lascia ulteriore spazio di manovra alla grande distribuzione per una politica di abbattimento dei prezzi a danno sia dei produttori agricoli che dell’industria di trasformazione.

Le aste on – line rappresentano l’ultima frontiera di questa politica i cui risultati si sommano alla crisi che investe da anni in particolare il pomodoro pelato la cui quota sul mercato interno è precipitata dal 51% del 1990 al 16% del 2016 a tutto vantaggio della passata che sale nello stesso periodo dal 12% al 55%.

Tutto questo è certamente anche il risultato degli ingenti investimenti in pubblicità realizzati dalle aziende conserviere del Nord che della produzione di passata pomodoro hanno fatto in questi anni il loro cavallo di battaglia.

Conseguentemente la strategia da adottare per un rilancio dell’industria di trasformazione meridionale e campana in particolare, passa attraverso un mix di interventi sul fronte agricolo e sul fronte industriale e per quest’ultimo uno dei passaggi più importanti è rappresentato proprio da adeguate campagne di comunicazione che possano produrre un riequilibrio nei consumi nazionali.

Questo impegno sugli aspetti della comunicazione può svilupparsi sia sul piano collettivo (ANICAV ecc..) che delle singole realtà aziendali che intendono riposizionarsi sul mercato.

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